Gonur Depe, una civiltà dimenticata in Turkmenistan

Nel 1972 Viktor Saranidi riportò alla luce in Turkmenistan le vestigia di una cultura che fiorì nella zona tremila anni fa

Per millenni le sabbie nere del deserto del Karakum, nell’attuale Turkmenistan, avevano custodito in silenzio la testimonianza di una civiltà millenaria, più antica della Margiana persiana e delle impronte lasciate da Alessandro Magno in Asia centrale. Lì venne alla luce, fra il 1991 e il 2001, il sito più spettacolare finora dissotterrato in quelle terre.

Vista aerea di Gonur Depe, in Turkmenistan. Formato da corridoi, templi e palazzi, il sito ricorda lo splendore di una civiltà che fiorì più di tremila anni fa

Vista aerea di Gonur Depe, in Turkmenistan. Formato da corridoi, templi e palazzi, il sito ricorda lo splendore di una civiltà che fiorì più di tremila anni fa

Foto: Kenneth Garrett

La scoperta fu opera di due missioni archeologiche che lavoravano in Turkmenistan, una turkmeno-russa, diretta dall’archeologo sovietico Viktor Ivanovich Sarianidi, e l’altra italo-turkmena, condotta dall’archeologo italiano Gabriele Rossi-Osmida. La storia della scoperta di Gonur Depe risale agli anni settanta del secolo scorso, quando l’Accademia delle Scienze dell’allora Unione Sovietica e le istituzioni scientifiche turkmene svolsero, sotto la direzione di Viktor Sarianidi, una serie di studi nella regione del Murghab.

Il Murghab è un fiume il cui corso si estende dal nord dell’Afghanistan fino al deserto del Karakum in Turkmenistan, e che in epoca persiana achemenide (VI-IV secolo a.C.) diede il nome alla regione della Margiana. Secondo Sarianidi, il delta del Murghab fu il centro di un’importante civiltà dell’Asia centrale, paragonabile a quelle che sorsero nella Mezzaluna fertile del Medio Oriente e con le quali era indubbiamente connessa.

Centro amministrativo

Gonur Depe formava parte di una rete più ampia di insediamenti distribuiti lungo il delta del Murghab durante l’Età del Bronzo. Il luogo si sarebbe presto distinto dagli altri non solo per la sua ricchezza, ma anche per la sua complessità: per questo motivo divenne il centro amministrativo della regione.

Collana d’oro con pendente in pietre semipreziose incastonate, rifinito con delle piccole teste di serpente, anch’esse d’oro

Collana d’oro con pendente in pietre semipreziose incastonate, rifinito con delle piccole teste di serpente, anch’esse d’oro

Foto: Kenneth Garrett

A partire dalla scoperta di Gonur Depe, l’attività degli archeologi nel sito, e in particolare quella del suo direttore Viktor Sarianidi, fu incessante. Il loro lavoro aiutò a chiarire la dinamica dello sviluppo delle città dell’Asia centrale durante il III milennio a.C. Il giacimento archeologico di Gonur Depe comprende due colline principali e un’area che le circonda. Sulla collina a nord del sito venne riportato alla luce un vasto complesso di palazzi. A sud venne scoperto invece un temenos, recinto murato con torri circolari, poi riutilizzato per la costruzione degli interni di edifici.

Viktor Sarianidi pensava che in quel recinto si trovasse un tempio con vari altari dedicati a un primitivo culto del fuoco, che l’archeologo ipotizzava fosse collegato al zoroastrismo. Oltre a questi complessi archeologici di spicco, si scoprirono anche alcune necropoli. Il loro contenuto rivela la ricchezza degli abitanti di Gonur e la complessità sociale del loro insediamento a partire dal III milennio a.C.

Palazzo reale

Il palazzo di Gonur testimonia l’esistenza, già cinquemila anni fa, di un’autentica città-stato nel bel mezzo del cuore dell’Asia centrale. Gonur era il centro politico della zona e intratteneva contatti frequenti con altre culture di zone remote, come dimostra la grande quantità di sigilli che sono stati ritrovati e che confermano la presenza di un’amministrazione avanzata. Molti dei sigilli rinvenuti provengono originariamente da luoghi tanto lontani come la valle dell’Indo e la Mesopotamia. A quest’ultima zona appartiene un sigillo dell’Impero accadico (XXIV-XXII secolo a.C.).

Sigillo che rappresenta un elefante. Ricorda timbri trovati nella civiltà dell'Indo. Gonur Depe

Sigillo che rappresenta un elefante. Ricorda timbri trovati nella civiltà dell'Indo. Gonur Depe

Foto: Kenneth Garrett

Il recinto del palazzo era protetto da spesse mura con torri quadrate, che ospitavano al loro interno edifici notevoli, svariate residenze e cortili che conducevano ad aree separate come il “salone del trono”, e agli spazi adiacenti, probabilmente destinati alle famiglie dei governanti di Gonur Depe.

L’architettura del palazzo, la sua struttura e gli oggetti trovati all’interno fanno pensare all’esistenza di un sistema amministrativo molto sviluppato. Il palazzo e la zona residenziale situata fuori dalle mura, insieme al temenos, sono una prova della rilevanza politica ed economica che Gonur Depe raggiunse in Asia centrale durante l’Età del Bronzo. Ciononostante, ai fini della conoscenza della ricca cultura materiale e artistica di questa misteriosa civiltà, fu decisivo il ritrovamento di varie necropoli.

Ricchezza nelle tombe

Finora a Gonur Depe sono state individuate due necropoli. La prima, scoperta intorno al 2002, è una delle meglio conservate dell’Asia centrale. Fra gli altri, vi sono sepolti anche i governanti della città. Viktor Sarianidi la definì «necropoli reale», poiché vi si trovarono autentici mausolei con vari oggetti, simboli di prestigio e di potere, come lunghi scettri in pietra, figure intagliate, vasi di ceramica di grande qualità, ornamenti in oro e in avorio...

Un ariete d’oro e un leone di pietra intagliata in miniatura sono testimonianza della fauna locale. Nell’immagine se ne apprezza la dimensione rispetto al dito

Un ariete d’oro e un leone di pietra intagliata in miniatura sono testimonianza della fauna locale. Nell’immagine se ne apprezza la dimensione rispetto al dito

Foto: Kenneth Garrett

Accanto a una delle tombe di questa necropoli venne trovato un carro con quattro ruote di bronzo, che si trovava in uno stato di conservazione eccellente. È uno dei pochi esempi di questo tipo non solo in Asia centrale, ma anche in tutto il Medio Oriente. Questo veicolo è una testimonianza ulteriore dell’alto livello organizzativo degli abitanti di Gonur, che si facevano seppellire con animali sacrificati, come i cammelli, e persino con i loro cani.

Nelle tombe di Gonur Depe si trovarono scettri in pietra, figure intagliate, ornamenti in oro e in avorio...

Un secondo complesso di tombe, in questo caso meno monumentali, è stato trovato più recentemente a nord di Gonur. Il loro contenuto dimostra che le élite governanti non erano le uniche a possedere ricchi corredi, visto che dalle tombe sono emersi oggetti di grande valore, che non avevano nulla da invidiare a quelli della cosiddetta “necropoli reale”.

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Bevanda allucinogena

Particolarmente interessante risulta la ricostruzione fatta da Viktor Sarianidi della celebrazione di alcuni rituali di carattere religioso. Il più conosciuto tra gli antichi rituali si chiamava soma haoma e, a quanto pare, consisteva nell’ingestione di sostanze allucinogene da parte dei sacerdoti. Studi realizzati sul contenuto di alcuni vasi di ceramica hanno rivelato che la bevanda ingerita nel corso del rituale era una miscela di efedrina (alcaloide più blando ma più duraturo dell’adrenalina) e cannabis, insieme ad altri vegetali.

Spilli d’argento con forme animali e umane. Una di esse rappresenta una donna vestita con il caratteristico 'kaunakes', un tipo di indumento d’origine sumera

Spilli d’argento con forme animali e umane. Una di esse rappresenta una donna vestita con il caratteristico 'kaunakes', un tipo di indumento d’origine sumera

Foto: Kenneth Garrett

Sin dalla sua scoperta Gonur Depe è stato ritenuto un centro politico di grande rilevanza, e ciò nonostante fosse privo di una scrittura propria. Se, tuttavia, consideriamo tutte le sue caratteristiche, possiamo definirlo il maggior centro urbano non solo del Turkmenistan del III millennio a.C., ma forse anche di tutta l’Asia Centrale. Fino al momento della sua morte nel 2013, all’età di ottantaquattro anni, Sarianidi rimase a Gonur Depe. L’archeologo visse sino alla fine dei suoi giorni in un’umile abitazione di mattoni di terra cruda, sotto il sole spietato che brucia il deserto di Karakum e avendo sempre davanti agli occhi il sito al quale aveva dedicato tutta la sua vita.

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